Quando rientro da un lungo viaggio sento sempre l’esigenza di tornare nel luogo in cui sono nata, lì dove ci sono i miei affetti più cari e le mie radici: non so per quale motivo, ma dopo essere stata a lungo lontano dalla Sicilia, quando vi faccio ritorno, guardo con occhi nuovi quei posti che conosco quasi a memoria e che hanno fatto da sfondo a gran parte della mia vita. Prendete l’Etna ad esempio, l’avrò visto migliaia di volte: quando sbuffava e riempiva il cielo di nuvoloni neri, quando dava spettacolo con le eruzioni che dalla finestra della mansarda parevano vicinissime, e anche quando era placido e silenzioso. Sì, l’ho visto migliaia di volte, ma pur avendo vissuto per ventitré anni alle pendici del vulcano, non avevo mai raggiunto la zona sommitale e, a dire il vero, non avevo proprio idea di come fosse fatta; fino a qualche giorno fa, quando ho riallacciato le scarpe da trekking con le quali mi sono arrampicata sulle montagne peruviane, e ho deciso di scalare quella che noi siciliani chiamiamo “a muntagna”: un posto che per me era allo stesso tempo familiare e sconosciuto.
Oggi, quindi, vi racconto un viaggio speciale, un viaggio ambientato a pochi kilometri da dove sono nata ma che mi ha stupita come, o forse più, di un’avventura dall’altra parte del mondo: allacciate le scarpe da trekking, vi porto in cima al vulcano attivo più alto d’Europa!
L’escursione alla quale ho partecipato partiva dal piazzale del Rifugio Sapienza, situato sul versante sud dell’Etna; da lì si sale, a bordo della funivia, fino a 2500 m di altitudine e si prosegue con i fuoristrada fino a 2900 m.
Il trekking vero e proprio, quindi, inizia dopo essere scesi dalla funivia e dura circa 2 ore; ci sono tuttavia delle variabili che possono incidere sulla durata della salita: oltre, ovviamente, le condizioni climatiche anche la direzione dei fumi che esalano dai crateri. Io sono stata molto fortunata perché sono riuscita a fare il trekking completo e quindi sono scesa da un percorso diverso rispetto a quello dal quale ero salita.
Man mano che ci si allontana dalla base, la folla si dirada (il percorso verso i crateri sommitali è accessibile solo se accompagnati da una guida) e si ha l’impressione di essere sbarcati su un altro pianeta: i passi fanno un rumore strano, a volte pare di camminare sulla neve, in altri momenti su schegge di vetro, a seconda della consistenza del suolo, che non è altro che lava vulcanica più o meno raffreddata.
Il percorso è agevole, l’unico tratto leggermente più impegnativo è quello finale, che conduce al cratere centrale: ma vi assicuro che l’idea di camminare sul bordo del cratere di un vulcano vi farà dimenticare tutta la stanchezza!
Arrivata in cima ho visto un paesaggio che sembrava il set di un film di fantascienza: la pietra lavica nerissima, le chiazze gialle di zolfo, e i fumi che rendevano l’atmosfera quasi irreale. Se non ci fosse stato un cielo azzurrismo a fare da sfondo a quello scenario, sarebbe stato, senza mezzi termini, un paesaggio dantesco.
Decine e decine di volte ho visto il terrazzo di casa dei miei genitori ricoperto di uno strato di sabbia nera dell’Etna e forse per questo motivo mi aspettavo, una volta arrivata in cima, uno scenario quasi monocromatico: invece, la cosa che più mi ha colpita della mia escursione sull’Etna è stata proprio la varietà e l’intensità dei colori.
Nell’ultimo anno mi è capitato di fare diversi trekking in giro per il mondo, molto diversi gli uni dagli altri, ma accomunati da una sensazione che provato sempre: alla fine di una passeggiata impegnativa ho guardato in alto, verso il punto che ho raggiunto con le mie gambe e sono stata pervasa da un senso di soddisfazione e di completezza che è veramente terapeutico. Nel caso dell’escursione sull’Etna questa sensazione è stata amplificata: ogni volta che tornerò in Sicilia a trovare la mia famiglia, guarderò la cima di “Mungibeddu” e potrò dire <<Io sono arrivata fin lassù!>>.
INFORMAZIONI UTILI
– L’escursione ai crateri centrali può essere effettuata solo con una guida autorizzata; io ho contattato diverse agenzie e alla fine ho deciso di affidarmi a Etna Trekking. L’escursione è abbastanza costosa (il prezzo è di 85 euro a persona, compresi la funivia e il fuoristrada) ma la mia esperienza è stata molto positiva: la guida era veramente preparata, disponibile, appassionata e scrupolosa (infatti il nostro gruppo è stato il primo ad arrivare in cima perché siamo partiti presto).
– Il percorso è piacevole e non presenta particolari punti critici; l’ultima salita è la parte più ripida dell’intero trekking, ma non bisogna di certo essere degli sportivi per arrivare in cima.
– Come sempre quando si fa un’escursione in montagna bisogna indossare l’abbigliamento adatto: scarpe da trekking, maglietta a maniche corte, pile, giacca a vento (anche d’estate).
– La mia escursione è durata dalle 8.30 del mattino circa alle 15.00: portate qualche spuntino e dell’acqua.
– Alla fine del trekking io ero affamata e mi sono fermata a mangiare al ristorante del Rifugio Sapienza: non ho scattato foto perché mi sono fiondata sul piatto, ma vi assicuro che è un ottimo posto per rifocillarsi!
Anche stavolta ho pensato di tradurre questo racconto di viaggio in un video di pochi minuti, che racchiude i momenti salienti dell’escursione!
Meraviglioso! Salire sull’Etna è uno dei punti della mia wishlist; molti anni fa sono arrivata solamente al primo rifugio, dove si cominciano a vedere i primi crateri ma nient’altro. Questo piccolo è decisamente bastato ed avanzato per farmene innamorare. Pensa, eravamo in maglietta e pantaloncini, era un freddo tremendo ed il vento ci portava via; alla fine abbiamo mangiato all’interno della bocca di uno dei tanti crateri spenti che erano in quel punto, è stata un’emozione.
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